Torino 11-11-2024
Il contesto
I Karen, una delle principali etnie che compongono il mosaico birmano (circa sei milioni su una popolazione di 44 milioni di abitanti), subiscono dal 1949 le persecuzioni del governo centrale di Rangoon a causa delle loro aspirazioni di ottenere l'indipendenza e preservare la propria identità.
Giunti nella regione dalle steppe della Mongolia, i Karen vissero in pace fino all'arrivo dei Birmani che invasero le terre dei Karen costringendoli a rifugiarsi sulle montagne al confine con il Siam (l'odierna Thailandia). Inizia lo scontro tra i due popoli. Da allora, i popoli delle montagne hanno combattuto senza sosta per l'indipendenza.
Durante il periodo coloniale britannico avviene la cristianizzazione di una parte della popolazione Karen per opera di missionari battisti. L'eredità dell'evangelizzazione si evidenzia in un 30% di Karen tuttora fedeli al Cristianesimo.
I Karen hanno condotto la loro lotta rinunciando per ragioni etiche ai facili guadagni derivanti dal traffico di droga, a cui si oppongono con esemplare rigore.
Un altro fronte in lotta contro la giunta è quello che ha il suo massimo esponente nella figlia del Generale Aung San. Premiata con il Nobel per la Pace nel 1991, Suu Kyi, di etnia Birmana, è attualmente agli arresti domiciliari, dopo che, in seguito alla sua vittoria nelle elezioni politiche, i militari l'hanno dichiarata "pericolosa per l'unità del Paese".
Attualmente 150.000 persone di etnia Karen vivono da rifugiati nei campi profughi in territorio thailandese lungo il confine con la Birmania, mentre più di mezzo milione hanno scelto di non lasciare la loro terra e di cercare di sopravvivere in rifugi improvvisati nella giungla, sfruttando i piccoli fazzoletti di terra coltivabili ma in forte dipendenza degli aiuti provenienti attraverso i campi profughi.
Sanità, istruzione, assistenza sociale: questi i tre settori più urgenti da affrontare con progetti di sostegno a favore in particolare di questi profughi interni.
Attualmente gli aiuti internazionali alla popolazione Karen si limitano a pochi interventi condotti da alcune Organizzazioni Non Governative e da alcuni privati.
Ma la situazione degli IDP Karen, i profughi interni, resta la più critica, in quanto soltanto una infinitesima parte degli aiuti internazionali va a sostenere alcuni di essi. Essendo gruppi di persone in movimento nella giungla (un territorio tra i più minati al mondo) costrette a muoversi da un insediamento all'altro per sfuggire ai combattimenti, alle rappresaglie dell'esercito birmano, alla mancanza di cibo, essi sono più difficilmente raggiungibili dalle azioni umanitarie.
La popolazione residente nei villaggi karen e i profughi interni traggono il loro sostentamento dalla coltivazione del riso. Alle naturali variazioni della produzione annuale, si aggiungono le razzie compiute dai militari che estorcono il raccolto e seminano di mine anti-uomo i campi dedicati alla coltivazione. Non da ultimo gli abitanti sono costretti - dal regime militare birmano - ad effettuare lavori forzati in qualità di portatori, nella raccolta del legno, nelle coltivazioni di bamboo ed altro.
Giunti nella regione dalle steppe della Mongolia, i Karen vissero in pace fino all'arrivo dei Birmani che invasero le terre dei Karen costringendoli a rifugiarsi sulle montagne al confine con il Siam (l'odierna Thailandia). Inizia lo scontro tra i due popoli. Da allora, i popoli delle montagne hanno combattuto senza sosta per l'indipendenza.
Durante il periodo coloniale britannico avviene la cristianizzazione di una parte della popolazione Karen per opera di missionari battisti. L'eredità dell'evangelizzazione si evidenzia in un 30% di Karen tuttora fedeli al Cristianesimo.
I Karen hanno condotto la loro lotta rinunciando per ragioni etiche ai facili guadagni derivanti dal traffico di droga, a cui si oppongono con esemplare rigore.
Un altro fronte in lotta contro la giunta è quello che ha il suo massimo esponente nella figlia del Generale Aung San. Premiata con il Nobel per la Pace nel 1991, Suu Kyi, di etnia Birmana, è attualmente agli arresti domiciliari, dopo che, in seguito alla sua vittoria nelle elezioni politiche, i militari l'hanno dichiarata "pericolosa per l'unità del Paese".
Attualmente 150.000 persone di etnia Karen vivono da rifugiati nei campi profughi in territorio thailandese lungo il confine con la Birmania, mentre più di mezzo milione hanno scelto di non lasciare la loro terra e di cercare di sopravvivere in rifugi improvvisati nella giungla, sfruttando i piccoli fazzoletti di terra coltivabili ma in forte dipendenza degli aiuti provenienti attraverso i campi profughi.
Sanità, istruzione, assistenza sociale: questi i tre settori più urgenti da affrontare con progetti di sostegno a favore in particolare di questi profughi interni.
Attualmente gli aiuti internazionali alla popolazione Karen si limitano a pochi interventi condotti da alcune Organizzazioni Non Governative e da alcuni privati.
Ma la situazione degli IDP Karen, i profughi interni, resta la più critica, in quanto soltanto una infinitesima parte degli aiuti internazionali va a sostenere alcuni di essi. Essendo gruppi di persone in movimento nella giungla (un territorio tra i più minati al mondo) costrette a muoversi da un insediamento all'altro per sfuggire ai combattimenti, alle rappresaglie dell'esercito birmano, alla mancanza di cibo, essi sono più difficilmente raggiungibili dalle azioni umanitarie.
La popolazione residente nei villaggi karen e i profughi interni traggono il loro sostentamento dalla coltivazione del riso. Alle naturali variazioni della produzione annuale, si aggiungono le razzie compiute dai militari che estorcono il raccolto e seminano di mine anti-uomo i campi dedicati alla coltivazione. Non da ultimo gli abitanti sono costretti - dal regime militare birmano - ad effettuare lavori forzati in qualità di portatori, nella raccolta del legno, nelle coltivazioni di bamboo ed altro.